Non si sono ancora spente le polemiche originate dalle varie misure introdotte dal Governo causa la recente sentenza della Consulta, con questo passaggio di conseguenza si dovrebbe chiudere la lunga parentesi di interventi del tutto temporanei di stretta sull'adeguamento delle pensioni motivati dalla crisi finanziaria anche se riconosciuti illegittimi e incostituzionali dalla Corte Costituzionale.
Probabilmente il ministro dell'Economia con questa affermazione vorrebbe mettere una toppa alla falla aperta dalla norma incostituzionale della legge Fornero, cercando di ripristinare un meccanismo più generoso previsto sino al 2011 dalla legge 388/2000 che conseguiva una indicizzazione piena per tutti i vitalizi fino a tre volte il minimo, nella misura del 90% per le fasce da tre a cinque volte il minimo e del 75% per i trattamenti eccedenti il quintuplo del minimo Inps; diversa è la rivalutazione in base alla legge 147/2013 che prevede una rivalutazione minore soprattutto per gli assegni pingui: le aliquote di rivalutazione passano infatti dal 95% per i trattamento tra 3 e 4 volte il minimo Inps, al 75% tra 4 e 5 volte, al 50% tra 5 e 6 volte e al 45% per gli assegni oltre le 6 volte il minimo; ritornando al passato si aiuterà pertanto gli assegni medio-alti anche se questi si porteranno appresso in via permanente la 'sforbiciata' dal blocco dell'adeguamento nel biennio 2012-2013.
La Finanziaria del 2000 ha introdotto lo schema della 388, naturalmente è più oneroso del decalage del Governoi Letta che sarà in essere fino al 31 dicembre 2016; per due motivi: il primo perché la sua progressione si sviluppa su 3 fasce invece che su 5 e perché opera con l'adeguamento medio; la gradualità si applica sui scaglioni della pensione e cioè: adeguati al 100% fino a 3 volte il minimo Inps, compresa la frazione iniziale degli assegni pingui, al 90% per le fasce tre-cinque sempre per tutti gli assegni ed infine al 75% dai 2.500 euro in poi.
Ma non tutti sono concordi nel ritornare al passato, fra questo il presidente Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano, che rende una spiegazione a tal proposito: 'La Consulta chiede indicizzazioni adeguate, proporzionali rispetto alle fasce di importo e quindi non vedo perché non si possa pensare ad un allungamento dello schema attuale, magari rimodulato. Perchè certo la 388 è più onerosa, mentre i risparmi reperibili con un'indicizzazione diversa potrebbero essere utilizzati, sempre all'interno della spesa previdenziale, solidaristicamente, per finanziare la flessibilità che serve a scongiurare situazioni di nuova povertà'.
PIER CARLO PADOAN |
Maurizio Sacconi, presidente della Commissione Lavoro al Senato è di diverso parere ed esprime il suo punto di vista affermando 'Non mi sembra una strada praticabile per la Corte, né io la sosterrei in coscienza, quella di un'ulteriore deroga all'indicizzazione standard, con schemi più penalizzanti per gli assegni medi o medio alti. La nuova flessibilità dovrà essere autosostenibile finanziariamente, avere cioè coperture strutturali che non sipossono sostituire con strette ancora temporanee sulle perequazioni a un'inflazione che, come prevede la Bce, dovrebbe tornare attorno al target del 2%'.
Per intanto solo parole come al solito, proposte che si fanno ma da qui al 2017 di acqua sotto i ponti ne ha da passare e ne vedremo chissà quante nel frattempo, fra le tante da vedersi c'è sempre la tematica pensionistica con le sue modifiche da rimettere in quadro, ora ovviamente tutto tace per non turbare più di tanto le elezioni del 31 maggio e probabilmente si riprenderà in mano il tema previdenziale che comunque si prevede abbia, sia mai, una risoluzione all'interno della Legge di Stabilità 2016.
Fonte: PensioniOggi
Fonte: PensioniOggi
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